Quando arriva il weekend ogni ristorante sceglie: benessere della squadra o sala piena?

Quando arriva il weekend ogni ristorante sceglie: benessere della squadra o sala piena?

Paolo Stroppa

Novembre 25, 2025

Una domenica sera in una piazza italiana: alcune insegne brillano, altre sono spente, e la scelta di aprire o restare chiusi torna a segnare il ritmo della città. «L’Italia senza ristoranti nei weekend non sarebbe l’Italia», ha detto Alberto Cartasegna al Corriere della Sera, riaccendendo un dibattito che interessa chef, manager e clienti. La decisione di Trippa di chiudere nel fine settimana per far riposare la brigata è solo uno degli esempi più citati; allo stesso tempo emergono locali che puntano su organizzazione, automazione e managerialità per garantire aperture continue. In questa tensione si confrontano due modelli di sostenibilità: quello orientato al benessere dei dipendenti e quello fondato sulla continuità del servizio, con ricadute economiche diverse.

Il confronto tra welfare e continuità

La ristorazione italiana si trova a un bivio che non riguarda solo i ricavi del weekend ma la cultura del lavoro nel settore. Da una parte ci sono chef e locali che privilegiano il riposo della brigata e la riduzione dei turni, con l’idea che una forza lavoro meno stressata migliori la qualità del servizio. Esempi come Casa Perbellini rientrano in questa strategia: tagliare i turni per aumentare la sostenibilità umana del mestiere. Dall’altra, c’è chi reinveste nei processi produttivi, nella formazione e nella tecnologia per mantenere la presenza sul mercato sette giorni su sette, puntando su efficienza e standard costanti.

Quando arriva il weekend ogni ristorante sceglie: benessere della squadra o sala piena?
Un piatto fumante di spaghetti al pomodoro, un simbolo della cucina italiana, pronto per essere servito. – confcommerciobelluno.it

Il confronto coinvolge aspetti pratici e culturali: il valore del lavoro, la gestione dei costi salariali, la domanda dei consumatori e la stagionalità. Un dettaglio che molti sottovalutano è l’impatto sulla fidelizzazione della clientela: chi resta aperto nei weekend può consolidare flussi costanti, ma affronta costi più alti. Allo stesso tempo, il modello welfare può attrarre personale qualificato e ridurre il turnover, migliorando la qualità percepita. Lo raccontano manager e consulenti di settore: la scelta è spesso una combinazione di entrambe le soluzioni, adattata al contesto urbano e alla tipologia di offerta.

Organizzazione, costi e la scelta dei clienti

La decisione di aprire o chiudere nei giorni di maggior afflusso tocca la sostenibilità economica del locale. Nel confronto entrano variabili concrete: contratti collettivi, costi energetici, fluttuazioni del turismo e aspettative locali. Alcuni ristoranti investono in tecnologie per snellire i processi in cucina, oppure ridisegnano il modello di servizio per contenere il lavoro straordinario. Altri puntano su una proposta più esclusiva con aperture mirate, riducendo la pressione sui turni e valorizzando il tempo di riposo del personale.

Tra gli chef la divisione è netta: nomi come Fronduti e Rizzo esprimono visioni diverse, ma entrambi affrontano la stessa questione di fondo: come coniugare accoglienza, qualità e sostenibilità economica. Un fenomeno che in molti notano solo d’inverno è la maggiore difficoltà dei locali nelle città a medio-piccole, dove il pubblico del weekend è determinante. Le scelte organizzative hanno ricadute visibili sulla vita urbana: piazze più o meno animate, dipendenti con ritmi di lavoro diversi, e clienti che ricalibrano le proprie abitudini.

Alla fine, la strada non è unica: molti ristoratori scelgono modelli ibridi, alternando chiusure programmate e investimenti in efficienza. Il risultato è una trasformazione in atto, che rimodella il volto del pranzo e della cena in Italia e porta a una nuova normalità che clienti e operatori stanno già osservando.

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