Sulla piazza principale di un piccolo borgo dell’Appenzello, un corteo di uomini in costume percorre le strade battendo campanacci: qui il nuovo anno viene salutato due volte. Non è un evento creato per i media, ma una sequenza di pratiche antiche che continua a scandire il calendario locale. Chi arriva in auto o in treno nota subito le case in legno con facciate dipinte e il campanile che domina il centro: si capisce che la memoria comunitaria è visibile, leggibile nelle pietre e nelle tradizioni. Un dettaglio che molti sottovalutano è proprio questo rapporto materiale tra abitazioni e rituali, che rende il festa un fatto pubblico e non solo simbolico.
Una storia che si racconta attraverso il rapporto con il territorio
Il villaggio di Urnäsch affonda le sue radici nel mondo contadino e pastorale: compare in documenti del XIII secolo e ha costruito la sua identità attorno alle attività agricole e all’allevamento. Nel corso dei secoli la comunità ha partecipato alle Landsgemeinde, le assemblee popolari tipiche dell’Appenzello, che servivano a prendere decisioni collettive in modo diretto. Questo aspetto istituzionale ha indubbiamente segnato il carattere civico del borgo: la partecipazione alla vita pubblica è una pratica tradotta in spazi concreti, dalla piazza alla chiesa.

Accanto all’economia agricola si è sviluppata l’artigianalità tessile: la lavorazione della tela di lino e la produzione casalinga nel Settecento hanno reso il territorio parte di una filiera diffusa. Oggi la memoria di quelle attività sopravvive nelle forme abitative e negli archivi locali; è un patrimonio che incontra l’interesse di chi studia tecniche tradizionali e di chi cerca luoghi dove il paesaggio ancora informa le scelte economiche. Un fenomeno che in molti notano solo d’inverno è la presenza di passaggi rituali che seguono il ritmo delle stagioni e delle semine.
La continuità storica si legge dunque nella gestione del territorio e nella capacità della comunità di mantenere pratiche collettive. I nomi delle contrade, i sentieri utilizzati dagli alpeggi e le assemblee pubbliche sono elementi che mostrano come Urnäsch non sia semplicemente un “borgo da cartolina”, ma un luogo dove le istituzioni locali e la vita quotidiana si intrecciano ancora in modo palpabile. Per questo motivo la storia del paese rivela anche aspetti amministrativi e sociali che interessano ricercatori e viaggiatori attenti.
Cosa vedere a Urnäsch, tra antichi monumenti e sentieri nel verde
Passeggiare nel centro di Urnäsch significa osservare un’articolazione architettonica tipica dell’Appenzello: case in legno con facciate dipinte, finestre regolari e dettagli decorativi che segnalano una tradizione artigiana ben radicata. La chiesa riformata, con il suo campanile, è un punto di riferimento visivo e funzionale per la comunità; la sua presenza racconta decenni di pratiche religiose e civiche intrecciate. Un aspetto che sfugge a chi vive in città è la centralità di questi edifici nelle piccole comunità, dove non sono solo monumenti ma spazi di socialità.
I dintorni offrono una rete di sentieri escursionistici che collegano boschi, pascoli e alpeggi. In estate le passeggiate proseguono verso le alture e conducono fino alle pendici del Säntis, una colonna paesaggistica della regione; in inverno il territorio diventa un palcoscenico per ciaspolate e attività all’aria aperta di basso impatto. Il paesaggio non è solo scenografia: è parte di un’economia locale che ancora sfrutta prati e pascoli per la produzione casearia e per piccoli allevamenti.
Chi visita cerca spesso anche i piccoli musei locali o gli archivi comunali dove sono conservati documenti sulle pratiche tessili e agricole. Un dettaglio che molti sottovalutano è la presenza di percorsi tematici che mettono in relazione storia e natura: itinerari che spiegano la funzione degli alpeggi, il ruolo delle stagioni nelle attività agricole e la sinergia tra ambiente e cultura materiale. In questi percorsi si capisce perché Urnäsch venga inserita tra i borghi più caratteristici della Svizzera orientale.
La tradizione del Capodanno che si ripete due volte
Il motivo per cui Urnäsch è noto a livello nazionale è il rito del Silvesterklausen, una manifestazione che celebra l’arrivo del nuovo anno con due date distinte: il 31 dicembre e il 13 gennaio, seguendo la scansione del calendario giuliano. Uomini e gruppi mascherati, chiamati “Klausen”, percorrono le vie in costume, suonano campanacci di varie dimensioni e intonano melodie che si sono tramandate per generazioni. La messa in scena non è statica: cambiano i costumi, variano i suoni e resta invece il nucleo rituale che mette al centro l’annuncio collettivo di un passaggio temporale.
La forma della celebrazione è radicata in pratiche pastorali e nell’alternanza stagionale: il richiamo dei campanacci serviva anticamente a scacciare il male e a richiamare prosperità per gli animali e i raccolti. Chi arriva da fuori nota l’intensità del suono e la partecipazione della popolazione, non solo dei protagonisti in costume. Un fenomeno che in molti notano solo d’inverno è la continuità del coinvolgimento: non si tratta di uno spettacolo estemporaneo ma di una forma di cittadinanza collettiva che si rinnova ogni stagione.
Per chi organizza la visita è utile sapere che l’evento richiama pubblico e richiede una buona programmazione dei trasporti: la stazione più vicina è servita dalla linea S23 e il capoluogo regionale di riferimento è San Gallo, a breve distanza. Questo dettaglio logistico è spesso sottovalutato ma determina la fruibilità dell’esperienza, soprattutto in periodi di alta affluenza. Alla fine, il doppio saluto al nuovo anno rimane un caso concreto di come tradizione e luogo si influenzino a vicenda, producendo un calendario che è al tempo stesso culturale e pratico.
